30 Gen SENSO DI COLPA E AUTOSTIMA. 3/4
Perchè viviamo il senso di colpa? È possibile migliorare l’autostima?
Questo articolo è suddiviso in 4 sezioni. Questa è la parte 3 di 4.
I.: Secondo un nostro telespettatore abbiamo il senso di colpa perchè ci affidiamo sempre a qualcun altro per risolvere i nostri problemi: se stiamo male andiamo dal dottore, se abbiamo un problema di fede andiamo dal prete e così via. La nostra società invece dovrebbe reagire e fare tutto da sola.
D.: E’ un po’ difficile nel senso che comunque viviamo in un’ interdipendenza, ma lo dico in senso buono, cioè abbiamo necessità di tutta una serie di servizi che gli altri ci danno. E’ pur vero che andando all’opposto anche l’eccesso di autonomia non è che faccia troppo bene nel senso che può innescare dei sensi di colpa al contrario. La cosa interessante che sollevava il signore è che forse passando la responsabilità è un po’ diverso: cioè nel limite di ciò che possiamo fare noi ed essere consapevoli di noi stessi probabilmente lì siamo in un’area un po’ più libera dal senso di colpa. Se noi conosciamo i nostri limiti e ci comportiamo secondo alcuni schemi saremo difficilmente accusabili di una qualche colpa. Quindi è un bel passaggio passare alla responsabilità. Ed è anche quello che si fa molto spesso in terapia, cioè cominciare a cambiare non solo i termini verbali ma anche i termini con cui noi descriviamo noi stessi.
I.: Quindi se una sua paziente viene da Lei con questi sensi di colpa come funziona il meccanismo?
D.: Funziona che bisogna comprendere i significati che stanno dietro a queste interpretazioni e sensazioni di colpa e poi bisogna modificare quelli e arrivare al punto in cui non è più una colpa se una persona ci accusa di qualcosa che siamo davvero. Se una persona arriva a comprendere che effettivamente è ciò di cui la si accusa può fare due cose: o si modifica perchè decide che è il caso, oppure può dire “no, io rimango così, non sono nocivo a nessuno e se qualcuno me lo dice posso dire “sì, in effetti sono così”.
I.: Prendiamo una telefonata. Pronto buongiorno!
T.: Buongiorno! Io ho un figlio di 40 anni che vive qui in casa con noi. Praticamente è rimasto disoccupato 5 anni però adesso si è chiuso ancora di più, non parla, viene a casa da lavoro, mangia, si mette sul divano, non ha dialogo con noi genitori. Come mi devo comportare?
D.: Sono cose che capitano in famiglia. Io potrei dire alla signora in ogni caso di tentare di aprire un dialogo, è meglio partire da una domanda semplice. Capisco che questa persona possa aver vissuto un momento particolarmente difficile che riguarda l’autonomia, quindi è importante chiedere “come stai? Cosa pensi che possiamo fare per te?” Accettando però che possa anche arrabbiarsi ed è libero di farlo perchè può essere una prima reazione soprattutto in questi casi in cui magari vi sono state difficoltà nell’area del lavoro, quindi questo richiama l’area dell’autonomia, del senso di stima di se stessi. Quindi rimanendo disponibile ad accettare anche un no iniziale.
I.: Quindi facendogli capire che non è da solo…
D.: Che non è da solo e che gli altri vedono che sta soffrendo.
I.: Una signora su Facebook dice “Il seno di colpa spesso porta a gesti estremi. E se pensassimo che non siamo gli unici ad averli? Potrebbe alleggerire lo stress che nasce dai nostri pensieri?” Quindi il fatto di non essere da soli…
D.: Vorrei citare un fatto curioso che è anche una buona notizia. I dati ISTAT, ma non solo, a livello mondiale , hanno dimostrato che tolte alcune regioni del mondo, laddove ci sono crisi economiche importanti i suicidi diminuiscono. Questo ci deve fare molto riflettere perchè io credo che l’unica cosa sensata e ragionevole che possiamo dedurre è che le persone tendenzialmente si legano un po’ di più tra di loro. Nel momento di crisi emerge la rete, la possibilità di cooperare tra noi esseri umani, quindi la famiglia, le amicizie. Laddove c’è invece un grande benessere economico aumentano i suicidi, questa statistica è ormai ben nota e ci fa riflettere sul fatto che nel grande benessere siamo più soli e forse perdiamo alcuni valori.
I.: Al giorno d’oggi c’è sì il sostegno della famiglia, ma c’è anche il confronto con una rete sociale che è pesantissima..
D.: Sì, questo dipende ovviamente dalle persone di cui ci circondiamo, i criteri con cui scegliamo le persone (perchè possiamo scegliere). Ad esempio, le persone che temono l’abbandono tengono gli amici che hanno anche se li fanno stare male.
I.: Come possiamo fare per aumentare la nostra autostima? Mi risponde dopo la telefonata… Pronto buongiorno!
T.: Buongiorno, volevo dire al dottore: il senso di colpa scatenato a distanza di anni, come possiamo superarlo?
D.: Se non ho capito male la signora si riferiva ad un evento accaduto nel passato e che in qualche modo riaffiora in circostanze diverse. Credo che provare a comprendere le cause del primo evento scatenante sia fondamentale perchè se lei ritiene di avere avuto una responsabilità bisogna accettare la questione, provando a digerirla in termini diversi però. Alla signora va suggerita un’alternativa per accettare in altri termini se stessa, perchè in questo modo lei rimane colpevole.
Dott. Michele Canil
Psicologo, Psicoterapeuta
Neuropsicologo, Ipnosi clinica
Perfezionato in Psicofisiologia clinica, Genetica, Nutrizione.
Opera nelle città di Vittorio Veneto, Conegliano, Treviso.
Il dott. Canil si occupa da molti anni di diagnosi e cura della depressione a Treviso, Conegliano e Vittorio veneto. Oltre a ciò tratta molti disturbi psicosomatici, si occupa di cura dell’ansia e di attacchi di panico e molti altri tipi di disturbi. Opera in strutture ospedaliere ed in studio privato di Psicologia, Psicoterapia e Neuropsicologia.
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