
13 Feb Alimentare l’autostima dei figli
Autostima dei figli. Come nutrirla. Vero intervista il dott. Michele Canil
Travolti da una vita scandita da troppi impegni e stimoli si rischia di essere genitori amorevoli ma distratti e a volte capita di non essere in grado di ascoltare i bisogni dei figli.
VERO, n. 2 del 14 gennaio 2021
Articolo a cura di Simona Cortopassi con la consulenza del dottor Michele Canil, neuropsicologo psicoterapeuta e ipnologo clinico
Alimentare l’autostima dei figli è il compito, non sempre facile, di ogni genitore
E’ un processo che inizia nei primi giorni di vita, passando per esempio attraverso la voce dolce della mamma che allatta e parla al bebè, rassicurandolo. Anche i papà sono fondamentali nella protezione della famiglia, ma l’importante è non eccedere nella tutela dei piccoli.
Travolti da una vita scandita da troppi impegni e stimoli si rischia di essere genitori amorevoli ma distratti e a volte capita di non essere in grado di ascoltare i bisogni dei figli. “Soprattutto in fasi determinanti per lo sviluppo della personalità, come per esempio l’adolescenza, questi atteggiamenti possono avere ripercussioni sull’autostima dei ragazzi , che avranno problemi a relazionarsi con il mondo esterno, una volta diventati adulti” afferma il dottor Michele Canil, psicoterapeuta. Anche se la formazione del carattere inizia molto tempo prima.
Un ruolo simbiotico con la madre
“Se fossimo alberi, potremmo immaginare l’autostima non come un ramo, quanto piuttosto come una parte del tronco” esemplifica l’esperto. L’autostima è l’insieme dei giudizi valutativi che ogni individuo ha di se stesso e che si forma già nei primi mesi di vita, in rapporto alla presenza dei genitori. Una mamma che allatta, che ha un tono di voce dolce, che rassicura il bambino può aiutarlo a sviluppare i primi tratti del suo carattere. Se per motivi, anche indipendenti dalla sua volontà, mettiamo il caso che si debba ricoverare in ospedale per lungo tempo, la madre non sta a contatto con il figlio, quest’ultimo potrebbe incolparsi dell’abbandono, diventando insicuro nelle sue relazioni future. “Sebbene nei primi anni il bambino abbia un ruolo quasi simbiotico con la figura femminile, anche il padre ha un ruolo centrale: è lui il custode della famiglia, che si prende cura della mamma e del bambino, e che con la sua presenza rassicura e contribuisce a dare le fondamenta per il suo carattere”. Crescendo, però, arriva il momento in cui il bambino deve “camminare con le sue gambe”: andare all’asilo o magari restare solo con la baby-sitter, nel caso di genitori che lavorano. “Specie in questa situazione di necessità, vietato sentirsi in colpa: si può benissimo far sentire la propria presenza una volta rientrati a casa dall’ufficio senza per questo pensare che il bambino resti traumatizzato o che viva la vostra assenza per andare al lavoro come un abbandono”. E poi non tutte le situazioni sono uguali. Ci sono figli più sensibili al distacco, con cui avere maggiori accortezze. “Ecco perchè, ai primi segnali, è bene cercare di colmare la mancanza senza mai esagerare nel senso opposto” consiglia il dottor Canil. Allo stesso modo di un genitore assente, un atteggiamento iperprotettivo può determinare la cosiddetta sindrome della “campana di vetro”. Il bambino che cresce ovattato, al riparo da qualsiasi tipo di esperienza, si troverà, una volta a contatto con il mondo esteriore, sopraffatto dalla realtà. “Il piccolo che è a casa è considerato il re del mondo, scontrandosi con un ambente esterno che non va sempre secondo le sue regole, potrà diventare aggressivo e tenterà di manipolare il mondo per farlo adattare a lui. Svilupperà, con molta probabilità, quello che è chiamato il disturbo narcisistico di personalità, i cui sintomi principali sono egocentrismo patologico, deficit nella capacità di provare empatia verso altri individui e bisogno di percepire ammirazione, magari sul lavoro, a livello ossessivo” continua lo specialista. Per evitare che questo accada, l’adulto dovrà dare libertà ma con delle regole: ill limite insegnerà ai figli a rispettare gli altri e se stessi e a vivere senza quell’illusione di poter fare qualsiasi cosa. L’eccesso di libertà può generare inoltre nei figli la sensazione di essere scarsamente seguiti e confortati.
Adolescenza: età delle contrattazioni
Soprattutto nell’adolescenza bisogna avere grandi attenzioni nel modo di rapportarsi ai figli: “Perchè è un passaggio in cui ci si scopre come singolo individuo adulto. E’ un po’ come se si lasciasse il mondo della famiglia, del maternage, di tutto l’atteggiamento familiare, per spostare tutta l’attenzione verso di sè” chiarisce lo psicologo. In questa fase bisogna avvicinarsi nella maniera corretta ai propri figli senza opprimerli, ma in che modo? “E’ importante gestire bene la propria quantità di fiducia rispetto al figlio, permettendogli di sperimentare una nuova autonomia ma supportandolo nel percorso”. Non possiamo pretendere che raggiungano l’autonomia se cominciamo a spezzare i loro bisogni con i piccoli ricatti del tipo “va bene, allora se vuoi fare questo lo fai, però io non ne voglio sapere nulla”, piuttosto che “io non la penso così e quindi ti impongo di non farlo”, ben sapendo che quasi certamente l’adolescente tenterà di farlo comunque. La soluzione è la contrattazione, come quella del mercato: è un’arte diplomatica che, quando abbiamo figli adolescenti, dobbiamo imparare a praticare. Ci si viene incontro, facendo sacrifici e concedendo fin dove si può, in uno scambio di fiducia e libertà reciproche”.
Madri e padri devono essere una base sicura, ma soprattutto un ponte
Il genitore deve esserci e accompagnare il figlio verso l’universo adulto con la responsabilità che comporta, aiutandolo nell’accesso al mondo delle relazioni e del lavoro. “Oggi un genitore deve mettersi in discussione insieme al figlio e quindi lavorare anche su se stesso e riconoscere le proprie parti, ma non per questo deve venir meno al suo compito educativo di confronto. Il genitore attuale deve tollerare che il figlio possa dare la propria opinione in molteplici sfere, anche personali, perchè è proprio con questa azione che tenta di superare il modello genitoriale, farlo suo e diventare poi egli stesso un adulto, senza prevaricarlo” chiarisce il dottor Michele Canil. Per usare un proverbio, i genitori devono ricordare che “con l’aggressività non si convince un gatto, ma con la calma si addomestica anche una tigre”.

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